Harley Quinn – 13 settembre

Ho raccontato della mente molotov e del sotterraneo ribollire di emozioni che fanno eco a un principio di vita vivido e incandescente come magma.

Ma ho tralasciato di dirvi della leggerezza capace di liberarmi dal piombo che certi giorni pesa sulla mia testa, costringendola a chinarsi. Il piombo è il metallo degli alchimisti: può essere tramutato in oro. Chi conosce la mia Torino sa di quale processo sto parlando. L’oro di Torino è un pigmento, una sfumatura, uno stato d’animo. Un tramonto. Tuttavia, ci vogliono occhi capaci di vederlo. Occhi che non si soffermano al passato regale della mia città, né agli arredamenti degli antichi palazzi o all’austerità scintillante dei caffè storici, bensì pupille che sprofondano nel bronzo del crepuscolo o nel riverbero aureo sulla superficie quieta del Po.


Nei miei geni sopravvive un principio alchemico simile. Una sorta di serena sventatezza cresciuta con me, anno dopo anno. Prima era l’innocenza creativa di bambina, poi l’indole sognatrice di adolescente, infine si è fatta imprudenza vellutata di adulta. Temerarietà, forse. Insensatezza. La capacità di liberarmi dal peso che certi giorni piega le ossa e schiaccia il pensiero sul pavimento. Leggerezza, appunto.

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