
In mezzo a una radura, sotto un cielo gonfio di pioggia, mi ritrovo a cercare il campo di lavanda di cui tutti parlano. Curva dopo curva la strada, si fa sentiero e poi prato a perdita d’occhio. Il cammino è breve. Qualche passo e il profumo inebriante della lavanda penetra le narici. In un attimo ha raggiunto il cuore e si affanna tra atri e ventricoli con operosità di ape in cerca di nettare. Le gambe nude sfiorano gli steli d’erba. Gli insetti volano a fior di pelle ma sembrano non vederla. La magia di quei lunghi filari dal colore inconfondibile attrae più delle mie cosce succose. Un gradito banchetto se non fosse per quelle infiorescenze a spiga che odorano di Provenza e di saponette e che ricordano le nonne e loro petineuse profumate di lavanda. «Corri che il cielo si fa scuro come questo campo!» giunge la voce di Jasmine a richiamare la mia attenzione. Resto ancora un attimo, non voglio allontanarmi da quell’alcova che sa d’infanzia e di armadi dentro cui giocare a nascondino.