
Oggi voglio spendere due parole sul Disability Pride, ossia il movimento internazionale in cui si rivendica la fierezza della disabilità e più ampiamente si promuovono i diritti civili delle persone disabili. Vorrei raccontarvi che cos’è, per me, il #disabilitypride. In primis, non sono orgogliosa di avere una disabilità. Sono semmai fiera di aver saputo trarre degli insegnamenti dalla mia disabilità — non sempre cinici e castranti, quale ad esempio la consapevolezza che il mondo non ci accoglie proprio a braccia aperte — ma anche costruttivi e motivazionali. Sono fiera, ad esempio, di aver saputo compensare le perdite subite negli anni con strategie via via sempre più affinate e complesse. Ho imparato a truccarmi usando il solo braccio destro e conferendo al sinistro il ruolo di leva, di sostegno per l’altro — debole anch’esso ma ancora in grado di compiere gesti minuziosi se aiutato. Ma ho anche imparato a insegnare ad altri a truccarmi laddove le braccia sfiancate non riescano a farlo. Ho imparato a perseguire ciò che desidero e che mi fa star bene, a discapito di ciò che dovrei/sarebbe più giusto fare. Mi sono liberata dalle sovrastrutture del senso di colpa originario e con un rinnovato slancio verso la libertà ho imparato a muovermi tra la gente, riconoscendone la generosità e l’intelligenza ed eludendone l’ostilità e la grettezza. Sono orgogliosa di aver saputo fare di necessità virtù, di aver ben chiari nella mente i miei bisogni e il modo per soddisfarli. E sono altresì fiera di essere consapevole che vi sono zone d’ombra nell’intimità del mio spirito sulle quali ancora non riesco a fare chiarezza. Ad esempio, l’insicurezza e il blocco psicologico nel farmi assistere in taluni bisogni fisiologici (fare la cacca, per intenderci), sui quali tuttavia sto lavorando. Sono orgogliosa di essere quella che sono, NON nonostante là disabilità ma grazie alla disabilità.