



Finita la pioggia — da cui hai cercato riparo —giunge imponente il desiderio di acqua e il solo modo in cui riesci a spiegartelo è quel mistero atavico che la pioggia ti ha aiutato a far riaffiorare. Il senso originario della nostra vita di embrioni-pesce, il ricordo di un rapido e traumatico passaggio da una vita in apnea ad una anfibia e poi, con un salto evolutivo vertiginoso, a quella di mammifero. «Andiamo al lago!» ho proposto, ben consapevole che l’iniziativa avrebbe accolto il favore di tutti. Il fragore della pioggia dei giorni scorsi ha maturato nei miei occhi la voglia dello sciabordio che incanta, della matrice liquida arginata da sponde terrose, del beccheggio silenzioso delle anatre sulla superficie del lago. La giornata era serena e calda, mossa appena da una leggera brezza che scomponeva i capelli raccolti in una coda alla buona, fatta in fretta per non sprecare tempo e uscir di casa al volo. Appena arrivati ho cercato il pontile dove il sole del tardo pomeriggio accecava ancora con caldi riflessi dorati. Tutto era perfetto. Ho respirato senza aver bisogno della NIV. Ho respirato e mi è parso che il mio fosse il respiro di un pesce.