Il mio “coming out” sull’utilizzo del catetere vescicale. Fino ad allora il mio nuovo corpo (sì, perché la convivenza con un dispositivo inserito nel proprio corpo rende quest’ultimo diverso, nuovo…) mi faceva sentire drammaticamente fuori dagli standard, inaccettabile.
Poi, la consapevolezza — raggiunta in un torrido giorno d’estate — di essermi perfettamente integrata: pelle e lattice, vescica e tubo. Da quel momento ho cominciato a vedermi per ciò che sono: una creatura plasmata nella carne e nella materia inorganica, una chimera senza confini di genere, né di pensiero.
