
L’esercizio fisico mi ha sempre fatta sentire bene, a mio agio, in perfetta sintonia con il mio corpo. Mi ha fatta sentire meno malata, meno “incapace”… Perché detta fuori dai denti, è così che si percepisce la debolezza fisica: qualcosa che ti rende inefficace, inutile, incapace, appunto. Per questo mi ostino a non voler dimenticare i movimenti che nel corso degli anni la malattia ha fatto sì che smettessi di compiere. E con la stessa ostinazione di mulo matto e testardo (avete letto bene, la metafora si addice a perfezione) cerco con ogni mezzo di mantenere in forza i muscoli non ancora intaccati così in profondità dalla perdita di vigore e di volume.
«Perché lo fai se tanto sai che la malattia è progressiva?» mi ha domandato più volte qualche ingenuo (e pure un po’ sfigato) conoscente.
Beh, innanzitutto lo faccio perché è il presente a contare, il qui e ora, l’attimo che sì, è fuggente, ma impollina il futuro, getta le fondamenta per il domani. Se il domani non arriva poco importa, io mi sono goduta l’oggi. Tuttavia, se arriva io non mi farò sorprendere spoglia di stimoli e di energia: sarò fuoco come ora, brillamento solare fertile e vitale.
Parlando con un’amica, oggi pomeriggio, l’ho udita trasporre in parole quello che è in fondo il mio pensiero: «La razionalità è il motore del progresso, ma il cuore è la sola matrice da cui possa originare una crescita consapevole, limpida, collettiva».
Il mio cuore continua a sperare nel domani, convinto che il tempo — seppur adesso, in questo infinitesimo di secondo — sia dalla mia parte. Complice e benevolo. Allora afferro il manubrio da 500 grammi (il massimo che il mio braccio destro seppur a fatica riesca a sollevare) e inizio il ciclo di fisioterapia quotidiana.
Oggi voglio sentire il mio corpo “capace”, voglio percepire lo sforzo e il momento in cui il muscolo sta per cedere. Voglio avvertire la stanchezza, l’incredulità di quella zona d’ombra della mente che scommetterebbe una manciata di neuroni sui miei fallimenti, quella che mi dà per vinta prima che la sfida abbia inizio, quella a cui piace sentirsi sconfitta.
Siano aperte le scommesse!
Un ringraziamento speciale va ad ASAMSI – Associazione per lo Studio delle Atrofie Muscolari Spinali Infantili, per la box FisioTè che ha voluto regalare ai soci al fine di promuovere l’ostinata caparbietà del loro mulo interiore (matto e testardissimo, s’intende).