
Lentamente mi sto riappropriando della mia vita: non è più un trascorrere con indolenza i giorni in quello stato di voluttà priva di forza che altro non è che l’effetto dei sedativi sulla bestia, oggi è tempo di rinascite suggellate dal bronzo dei tramonti canavesani.
Ho imparato a mettere il mio corpo totalmente nelle mani altrui senza più sentirmi spodestata della volontà. Quel confine invisibile tra le mani delle mie assistenti e la mia intimità è rimasto intatto, nonostante più volte io l’abbia avvertito cedere. Il mio corpo è ancora soltanto mio. Nessuno stupro è stato perpetrato. Ho gestito con piglio rapace la loro innocenza di giovani aiutanti; ho insegnato loro a fermarsi un millimetro prima di superare il limite tra il prendersi cura di qualcuno e l’imporgli il proprio volere. Ora ho un rapporto più libero con il mio corpo. Proprio come avvenne nel Rinascimento a seguito dell’epidemia di Peste Nera, i tabù che prima mi incatenavano a una vita di privazioni sono stati scalzati dalla naturalezza e dall’onestà a cui il corpo prima e il cervello poi si sono affidati.
Tuttavia, sento che la strada è ancora lunga e il mio zaino gualcito è già sull’uscio pronto a seguirmi nei miei viaggi randagi. Carne, sangue, strade assolate, vetri solcati dallo stillicidio della pioggia, notti alla fioca luce di una lampada di sale, cieli sempre più vicini e meno silenziosi, il buio delle mani appoggiate sugli occhi, le prime luci dell’alba, i sorrisi… Guardo la soglia che non oso oltrepassare da un mese e un vortice di immagini mi fagocita. E assieme alle visioni giunge una voce a corroborare il flusso di vita tra le sinapsi e gli occhi.
Giunge, infatti, la notizia tanto attesa che a metà dicembre riceverò la prima dose di Risdiplam, il farmaco sintetizzato da Roche e usato come terapia compassionevole per l’Atrofia Muscolare Spinale. Non riesco a contenere l’euforia, perciò la condivido con voi con uno dei tramonti più belli sulla mia pupilla di zingara a dire il vero palesemente commossa.