Ho bisogno di un po’ di leggerezza. Oggi voglio concentrarmi sul presente, sul mio volto stanco ma pronto alla risata (no, non al sorriso bensì a quel ridere senza freni che per un momento ha la forza di cancellare i brutti pensieri, l’ansia, la rabbia di animale in gabbia), sulle persone che ho intorno, sul parrucchiere che, obbligato a indossare mascherina ffp2 e visiera, non ha rinunciato a correre in mio soccorso. Sì, perché dovete sapere che negli ultimi quindici giorni ho avuto la testa talmente satura di paure, pensieri rivolti a strategie di sopravvivenza che mi sono letteralmente rifiutata di pettinare i capelli… Il motivo non lo so spiegare. Forse è stato un gesto apotropaico, una sorta di espediente per trasformare i problemi in una matassa da poter dipanare. E la matassa si è formata… solo che è diventata un enorme dread intricato e inespugnabile che non era possibile districare e di conseguenza — maporcalamiseriaccianera — l’unica strada è stata tagliarlo…
Per molte donne accorciare i capelli non è un atto drammatico. Tuttavia, per quelle come me corrisponde a uno ZACCHETE brutale per recidere il prepuzio alla base del glande; un rituale religioso, psicomagico, dolorosissimo.
Nel video il momento più sacro del rito, quello che ha fatto trattenere il respiro e pregare che le mani dell’officiante — proprio come in una circoncisione — tagliassero appena l’indispensabile.
Nelle foto l’esito post traumatico in odore di Xanax.